DULP Manifesto

Table of contents Author IndexPreface

Manifesto DULP
(https://doi.org/10.55612/s-5002-007_8-001man)

D per Design Inspired Learning
U per Ubiquitous Learning
L per Liquid Learning Places
P per Person in Place Centred Design

‘Ubiquitous Learning in Liquid Learning Places: challenging Technologies, rethinking Pedagogy, being Design inspired.’

Passata l’euforia, a quindici anni dall’esplosione di internet è giunto il momento della riflessione critica, della ricerca del Grand Challenge per il Technology Enhanced Learning. Alla luce delle trasformazioni sociali indotte dal progressivo affermarsi della post-modernità e dal più recente e prorompente sviluppo tecnologico, un fil rouge che da Piaget, Vygotskij e Dewey arriva sino ai giorni nostri sembra suggerire che il Santo Graal dell’educazione possa identificarsi con la definizione di un framework pedagogico-tecnologico operativo in grado di riconsiderare le pratiche e l’idea stessa di formazione allo scopo di offrire supporto a forme di apprendimento che vanno assumendo un carattere temporale, spaziale e culturale sempre più ubiquo e che si svolgono in contesti sempre più liquidi e coevolutivi – organici – in cui l’individuo deve necessariamente apprendere a gestire la propria personale realizzazione e il proprio essere animale sociale, senza rinunciare alla stratificazione culturale delle esperienze che a fondamento del DNA culturale di un place e di una società

Incontrovertibilmente l’avvento e il rapido evolversi delle nuove tecnologie ha permesso:
– lo sviluppo dell’attuale knowledge society che ha segnato il passaggio all’era post-industriale nel quale il bene primario diventa l’immateriale conoscenza che grazie alla complessità e robustezza reticolare dei canali digitali di distribuzione, alla facilità di produzione e alla semplicità di riproduzione di un bene immateriale, scavalca i confini del diritto, diventa liquida, magmatica, ‘open’ , ‘in progress’;
– il conseguente affermarsi di nuovi stili di vita, costruzione e fruizione del sapere, cosicché altrettanto fluida e ‘in progress’ risulta essere la condizione del soggetto in formazione che nella modernità liquida deve imparare a camminare sulle sabbie mobili, smettere i panni del semilavorato grezzo da plasmare, e assumere quelli del maniscalco in grado di forgiare il proprio destino;
– una trasformazione dell’ambiente fisico: la progressiva pervasività della ‘macchina’, che sempre di più occultata all’interno di spazi e artefatti si dissolve nel tessuto della vita quotidiana lasciando come unica traccia percepibile la ‘computabilità’; il completo rimodellarsi dell’approccio alle reti che sta trasformando individui e cose in terminali attivi delle reti con le quali saranno in perenne connessione.
E’ facile prevedere che gli attori dei futuri processi formativi popoleranno nomadicamente spazi fisici sempre più sensibili e responsivi, interagiranno con questi ultimi in maniera estremamente naturale utilizzando i gesti, il parlato, la propria emotività dando sempre meno peso agli aspetti funzionali e vantaggio delle cosiddette ‘use qualities’ a definire ‘the one’s personal EXPERIENCE’. Gli ambienti, dunque, saranno in grado di percepire lo stato dell’individuo e di coevolvere nel rispondere alle esigenze personali di ciascuno. Si popoleranno di relazioni sociali sempre più semplici da istaurare e complesse da gestire: diverranno quello che possiamo definire dei ‘LEARNING PLACE’ LIQUIDI.

Ci troviamo alle soglie di una nuova era, che potremmo definire ‘era organica’, in cui realtà fisica e immateriale costituiranno un continuum liquido all’interno del quale ciascuno dovrà imparare a muoversi.
Di fronte a mutamenti di tale portata è lecito chiedersi quali strategie d’indagine la ricerca pedagogica possa mettere in atto. Giudicata inammissibile ogni posizione di cauta distanza, ogni atteggiamento di disinteresse che in tale contesto guardi ai processi formativi in termini di mero adattamento a nuovi scenari, di acquisizione di nuovi schemi di sopravvivenza, cambiando radicalmente prospettiva, crediamo si possa proporre una nuova alleanza tra le due dimensioni della ricerca, pedagogica e tecnologica assieme, al fine di sperimentare la possibilità di un terreno di ricerca condiviso, che operi in direzione di una radicale riconsiderazione delle nuove modalità di apprendimento in termine di rinnovate potenzialità dell’esperienza umana, attraverso la quale acquisire quelle capacità meta-cognitive e meta-progettuali di cui non è più possibile fare a meno, pena l’andare alla deriva come i resti di una nave dopo il naufragio.
La sfida è enorme, sia per le tecnologie che per la pedagogia, e presuppone la capacità di intervenire a piu’ livelli: sul piano della progettazione per gli spazi fisici liquidi a quella per gli spazi virtuali, sul terreno dell’individuazione del framework processuale più adatto e flessibile, a livello di quelle metodologie che aprono a una configurazione dell’allievo quale designer creativo, riflessivo e consapevole al tempo stesso.
‘The Grand Challenge’, appunto, alla quale intendiamo rispondere !